Anno 2013
53° lungometraggio Disney
fonte: Disney Compendium
Frozen era rimasto congelato a lungo. E non è solo un gioco di parole. Le origini del progetto risalgono infatti al 1943, quando lo stesso Walt Disney aveva pensato di realizzare un adattamento animato della celebre fiaba di Hans Christian Andersen, La Regina delle Nevi. (...) Più volte il progetto venne preso in considerazione, abbozzato e nuovamente accantonato per le ragioni più svariate. (...) Poi arrivò l'illuminazione. Il progetto era stato ancora una volta archiviato a causa della performance non ottimale al botteghino de La Principessa e il Ranocchio, ma il grande successo di Rapunzel aveva dimostrato alla dirigenza Disneyana che il mondo delle fiabe poteva ancora interessare il grande pubblico, così il film venne immediatamente ripescato per essere rielaborato in CGI. Fu in quell'occasione che si pensò di prendere definitivamente le distanze da Andersen. La storia di Gerda, che parte alla ricerca di Kay, irretito dalla gelida regina delle nevi, subì una profonda trasformazione: Gerda divenne Anna, mentre Kay e la regina delle nevi vennero invece combinati insieme per ottenere... la sorella di Anna. Sulla falsariga di Tangled, il titolo divenneFrozen e la storia si trasformò nel viaggio di Anna alla ricerca della sorella Elsa, autoesiliatasi tra i ghiacci per paura di non riuscire a controllare il suo potere. Trasformare il tutto nella storia di due sorelle fu la chiave di volta: Elsa era adesso diventata un personaggio drammatico, non più una semplice villain ma una personalità complessa e sfaccettata, che avrebbe potuto affascinare il pubblico col suo carisma e allo stesso tempo portare le ragazze più malinconiche e introverse ad identificarsi in lei. La solare ed estroversa Anna avrebbe fatto lo stesso con un'altra fetta di pubblico, e la sua connessione di sangue con Elsa l'avrebbe motivata ancor più nel partire alla sua ricerca. Il pubblico avrebbe inoltre potuto riconoscersi in questa storia di incomprensioni familiari, amandone tanto la componente intima quanto quella più avventurosa.
Rispetto alla lenta e difficoltosa pre-produzione del film, l'animazione e la post-produzione sono state fatte velocemente, e in questa nuova incarnazione il film si è presentato puntualmente nelle sale per il 2013. A firmare la regia troviamo Chris Buck e Jennifer Lee. (...)
Le polemiche che hanno investito il mondo del cinema d'animazione, con l'avvento della CGI e il triste declino dell'animazione tradizionale, sono state particolarmente aspre nel caso dei Walt Disney Animation Studios, rei di aver abbandonato la tecnica che avevano contribuito a trasformare in un'arte. Sin dal principio gli studios hanno però cercato di riappropriarsi della loro tradizione, aggirando gli ostacoli che la dirigenza e lo scenario attuale mettevano loro davanti: sia i tentativi di far rivivere l’animazione 2D con La Principessa e il Ranocchio e Winnie the Pooh, sia le sperimentazioni ibride del miracoloso Paperman e del geniale Get a Horse! (che accompagna proprio Frozen) sono ben noti. I più attenti si sono però accorti che questa ribellione artistica ha lanciato un seme anche all'interno delle produzioni in CGI, un seme che è germogliato e che adesso sta seriamente ristrutturando la computer grafica WDAS dall'interno.
Tutto parte dagli sfondi. Quando nel 2005 gli studios entrarono nell'epoca del biasimo, pochi si accorsero che a fronte di una modellazione ancora piuttosto approssimativa dei personaggi, gli studios stavano cercando di mantenere una propria riconoscibilità: gli scenari in cui i personaggi di Chicken Little e I Robinson si muovevano non avevano nulla del fotorealismo Pixar, erano fondali coloratissimi e assolutamente non realistici. Era l'astrazione a predominare, la voglia di immergere lo spettatore in scenari ideali e fiabeschi. Fu solo con Bolt che la cosa divenne evidente: la sequenza musicale Barking at the Moon presentava fondali mai visti prima, a metà strada tra uno scenario tridimensionale e un dipinto. Attraverso Prep and Landing, Rapunzel e Ralph Spaccatutto la tecnica del non-photorealistic rendering venne ulteriormente affinata, per trovare proprio in “Frozen” il suo culmine. (...)
Discorso molto più complesso meritano l'animazione e la modellazione dei personaggi che compongono il cast di Frozen. La figura umana è sempre stata il tallone d'Achille della CGI. La difficoltà di rendere credibili ed estetici gli esseri umani ha spinto studi come la Pixar ad adottare stili fortemente caricaturali e geometrici, per mascherarne le mancanze. Ma da Rapunzel in poi molte cose sono cambiate: gli sforzi dei WDAS per trovare un giusto equilibrio tra realismo e caricatura sono stati coronati dal successo grazie al talento di Glen Keane, forse il più grande animatore Disney di sempre. Il metodo Glen Keane, applicato successivamente anche a Ralph Spaccatutto, trova in Frozen un ulteriore perfezionamento. Gli animatori 3D creano i modelli dei personaggi cercando di riprodurre lo stile dei grandi disegnatori al lavoro su bozzetti e concept, e una volta ultimati li muovono basandosi sui pencil test, animazioni di prova che i veterani forniscono loro. Le finezze e la sensibilità dell'animazione tradizionale vengono così infuse nella CGI, con una resa mai vista prima, superiore per bellezza e raffinatezza a qualsiasi altro tentativo fatto da studi esterni. Dopo Rapunzel Glen Keane si è però ritirato e il suo ruolo in Frozen è stato preso dal grande Mark Henn, che si è dimostrato perfettamente degno di succedergli.
Sebbene molti abbiano notato nei personaggi una forte somiglianza con gli umani di Rapunzel (gli occhioni delle due protagoniste, ad esempio), va ricordato che la sperimentazione è ancora agli inizi, ed è perfettamente normale che una volta trovata una strada stilistica convincente la si voglia percorrere, in attesa di migliorarsi sempre di più. Ma pur partendo da quello stesso codice grafico, in Frozen traspare moltissimo dell'impronta stilistica di Mark Henn, che in passato è stato supervisore di splendidi personaggi femminili come Jasmine, Mulan e Tiana. Quanto all'animazione dei modelli in sé, i movimenti denotano una grazia e una complessità recitativa che supera persino quanto fatto con Rapunzel. (...)
Vuelie, riarrangiamento di un brano tratto dal folklore norvegese, apre Frozen, proiettando lo spettatore in uno scenario suggestivo. Se Rapunzel aveva preso per mano il pubblico, rieducandone il gusto a poco a poco, in direzione del musical fiabesco, Frozen trova la strada spianata. Il registro più aulico e i toni epici trovano perfetto compimento in una colonna sonora priva di incertezze e assolutamente fiera di appartenere allo stile Broadway che negli anni 90 portava la firma di Alan Menken. In Rapunzel Alan era riuscito a dire la sua in maniera originale, lasciando la sua inconfondibile firma, sia pur in un contesto in cui era ormai diventato difficile farla emergere. Successivamente si era dedicato agli spettacoli teatrali Disney, trovando campo libero, ma lasciando i Walt Disney Animation Studios orfani della sua incredibile arte. Con Frozen l'arduo problema della successione è stato finalmente risolto in modo convincente.
Le strumentali sono state composte da Christophe Beck, da anni un nome noto nell'ambiente. Molti lo conoscono e apprezzano per aver lavorato su Buffy (l'episodio musical era suo), mentre di recente è diventato celebre in Disney per le musiche de I Muppet e soprattutto per aver composto la colonna sonora del rivoluzionario Paperman. Le sue incredibili orchestrazioni nobilitano e fanno risaltare ancora di più le canzoni del film, composte invece dai geniali coniugi Robert & Kristen Anderson-Lopez. Già autori a Broadway degli ottimi Avenue Q e Book of Mormon, i Lopez avevano realizzato per la Disney anche l'esilarante musical di Scrubs e le canzoni del 51° lungometraggio WDAS Winnie the Pooh, dimostrando di saper perfettamente padroneggiare più registri, dall'epica all'umorismo. Frozen è stato il loro grande banco di prova: i due artisti hanno fuso insieme certi stilemi tipici di Broadway con dei testi caratterizzati da un'arguzia notevole, trovando quella via di mezzo tra tradizione e modernità che da anni in Disney stavano cercando. Frozen rilancia in grande stile il genere musical, e dimostra che un'alternativa ad Alan Menken è finalmente possibile.
Va notato che le molte canzoni sono concentrate prevalentemente all'inizio del film, lasciando la seconda metà piuttosto sguarnita. Non è però un mistero che le canzoni da sempre servano soprattutto a presentare personaggi e tematiche, facendosi da parte ad un certo punto della narrazione. In Frozen se ne contano otto (più un reprise):
- Frozen Heart. Dopo il rasserenante intro Vuelie, il film presenta il suo primo numero musicale, quello dei tagliaghiaccio. Potente e d'atmosfera, immerge lo spettatore in un mondo magico... presentandolo da un punto di vista più concreto che mai! Il riferimento è alla Song of the Roustabouts di Dumbo, uno dei brani più intensi e meno ricordati di quel piccolo gioiello.
- Do You Want to Build a Snowman?. Dopo le virili note dell'intro, ecco un brano di una delicatezza unica. Inizia come una dolce ninnananna e progressivamente si fa più intenso, regalando un momento di commozione davvero indimenticabile. Le orchestrazioni di Beck fanno il resto, descrivendoci la crescita delle due sorelline attraverso alcuni momenti chiave. È qui che i temi toccati dal film affiorano esplicitamente: Elsa si nasconde dal mondo, evitando le occasioni in cui la sua emotività potrebbe farle perdere il controllo dei suoi poteri. Lei si reprime, temendo la paura stessa, e ad Anna non rimane che una porta chiusa. E il rifiuto di costruire assieme quel pupazzo di neve che invece avrebbe potuto unirle ancora...
- For the First Time in Forever. I Lopez alle prese con la classicissima I want song, immancabile in ogni musical che si rispetti. Si tratta della canzone che definisce Anna, cantata in occasione dell'apertura delle porte del regno per l'incoronazione della sorella. Le meravigliose animazioni, la ricchezza delle gag visive, caratterizzate da una regia di alto livello, e la splendida voce di Kristen Bell ci regalano un brano veramente maestoso e pieno di voglia di vivere. Il fatto stesso che i Lopez abbiano dato ad Elsa una strofa tutta sua, anticipando per contrasto alcune note e parole di Let It Go, dimostrano una raffinatezza incredibile e una certa attenzione all'aspetto narrativo. Le canzoni non sono quindi semplici numeri musicali indipendenti, ma un autentico sistema circolatorio per il film, che lo attraversa da cima a fondo, in una contaminazione continua.
- Love is an Open Door. Ritorna la metafora delle porte chiuse, per il duetto d'amore di Anna e Hans. Senza dubbio alcuno uno dei pezzi più atipici e interessanti del film, che ci racconta con sonorità moderne uno dei momenti più importanti dell'innamoramento. In passato il tema dell'amore a prima vista era stato già trattato, per ovvie ragioni, ma mai in maniera tanto sbarazzina. Quel senso di esalto inebriante che coglie gli innamorati nei primissimi momenti del rapporto, quando tutto è rosa, e si ha voglia di scherzare, completandosi a vicenda le frasi, non era mai stato descritto in termini tanto arguti e realistici.
- Let It Go. La canzone con cui Elsa si libera finalmente dalla repressione e si mostra in tutta la sua potenza è senza dubbio la scena madre del film. Potente sotto ogni aspetto, dal testo all'orchestrazione, passando per l'animazione e la regia, questo segmento mostra tutta la fierezza e la fiducia in sé che questi artisti hanno avuto nella realizzazione del film. Non è un caso quindi che la doppiatrice originale di Elsa, Idina Menzel, forte della sua carriera a Broadway, urli a squarciagola. Le sue grida di estasi sono quelle di uno studio che finalmente può urlare al mondo la propria identità, e questo fa di Let It Go il manifesto programmatico di una Disney più spavalda che mai.
- Reindeer(s) is Better than People. In una delle prime stesure del film questa era una canzone più lunga, e serviva a presentare il rapporto d'amicizia tra Kristoff e la renna Sven. Ne è rimasto ben poco però, se non un brevissimo siparietto umoristico, che senza dubbio fa il suo dovere. Al rapporto d'amicizia tra il biondo montanaro e la sua renna dagli atteggiamenti canini viene data una connotazione ironica, mostrandoci come Kristoff ami “parlare” con Sven, interpretandone la voce, un po' come i bambini fanno con i peluche.
- In Summer. L'esperienza su Winnie the Pooh, Avenue Q e Scrubs ha dimostrato che i Lopez hanno prima di tutto una fortissima carica ironica. L'idea piuttosto divertente che un pupazzo di neve possa sognare l'estate, viene qui omaggiata con una sequenza musicale non troppo diversa da Everything is Honey. La fantasia di Olaf, per quanto cromaticamente suggestiva, è però il pezzo più debole del film, inserito in modo un po' ingenuo all'interno della narrazione. Ma considerando l'ingenuità di chi la canta, niente di grave.
- For the First Time in Forever - Reprise. Il confronto cantato tra le due sorelle è qualcosa di più del semplice reprise della canzone di Anna. È a suo modo anche il reprise di Let It Go, il momento in cui le canzoni di entrambe (le loro anime) si fondono per dare vita a qualcosa di ancora diverso, più intenso e drammatico. Il loro duetto è caratterizzato da un'alternanza continua tra cantato e recitato, che conduce in direzioni nuove... ma anche antiche. Introdurre il cantato poco alla volta, con recitazioni cadenzate, e utilizzare la musica per raccontare gli snodi fondamentali della trama, alzando il registro e concedendosi così licenze poetiche, sono regole che i Lopez hanno assorbito molto bene tanto dalla tradizione Disney quanto da quella operistica.
- Fixer Upper. Per quanto possa sembrare straniante, anticlimatico e un po' vintage che all'improvviso, e per giunta in una fase avanzata del film, i protagonisti arrivino nel villaggetto dei Troll accompagnati da una buffa canzone, gli autori di Frozen hanno pensato di inserire ugualmente questo trascinante numero musicale. E, incredibile a dirsi, si rivela una scelta azzeccata, a patto di fare attenzione a quello che i Troll vogliono esprimere. La canzone è senza dubbio umoristica, ma il messaggio non è per niente banale: si tratta di un invito a far funzionare la propria storia d'amore, malgrado le magagne e le avversità, con impegno e olio di gomito. Perché è questo il vero significato dell'aprire la porta all'amore. Basterebbe ciò a rendere Fixer Upper parte del discorso sull'amore che Frozen porta avanti, ma il fatto che Anna colleghi queste parole al rapporto con la sorella, dimostra quanto dietro l'apparente semplicità del linguaggio scelto dai WDAS ci sia una grandissima intelligenza.
La versione italiana di Frozen è veramente buona per quanto riguarda le voci. Serena Autieri, Serena Rossi ed Enrico Brignano fanno un bel lavoro, mentre per quanto riguarda l'adattamento delle canzoni, non abbiamo grosse differenze da quanto Lorena Brancucci ci ha offerto di recente. I testi hanno sicuramente dei guizzi, ma anche tante banalizzazioni, il che è inevitabile.
Piuttosto evitabile però è la rimozione quasi sistematica dei ritornelli, il sacrificio di moltissimi elementi e temi che avrebbero dovuto ricorrere da una canzone all'altra, e soprattutto il mancato rispetto della metrica, un effetto che sembrerebbe persino voluto.
(...)
Pubblicato in:
BluRay - Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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