martedì 18 agosto 2015
Frankenweenie (Frankenweenie)
Anno 2012
fonte: la tana del sollazzo
Tanti anni fa Tim Burton era un animatore Disney, che col cortometraggio Vincent mostrava al mondo la sua poetica, il suo stile, la sua estetica. Mostrava al pubblico Tim Burton. Poi fece Frankenweenie, un mediometraggio in live action che gli costò il posto di lavoro. Rivalutato in seguito come uno degli snodi fondamentali della sua poetica, non stupisce perché all'epoca quell'opera scandalizzò tanto. Era strana, molto strana, per certi versi intelligente, per altri parecchio pacchiana e malata, di sicuro si concludeva in modo un po' frivolo rispetto a quanto ci si aspettasse. E inoltre il fatto stesso di essere girata in live action strideva un po' con i suoi ritmi e i suoi eccessi caricaturali da cartone animato.
Il tempo passò e Burton fuori dalla Disney divenne qualcuno. E negli anni 90 elevò la sua idea di stop motion coproducendo con la Disney ben due lungometraggi, diretti però da Henry Selick. Il flop di James e la Pesca Gigante segnò la fine di questo breve revival Disneyano e i due autori cessarono la loro collaborazione, portando avanti nelle loro rispettive strade questo modo di intendere la stop motion in salsa horror. Mentre Selick creò poi Coraline con la Laika, Burton con il suo team creò per conto suo La Sposa Cadavere, salvo poi tornare anni dopo trionfalmente alla Disney per mettere in cantiere la versione animata ed estesa proprio di quel Frankenweenie che gli costò il posto. Una vendetta gustosa, che sa di chiusura del cerchio, di vittoria dell'autore visionario sul sistema, ma che comporta anche alcuni problemi.
La fortuna di questo film è che il mediometraggio di partenza non è molto conosciuto, altrimenti la sua stessa esistenza apparirebbe esclusivamente come una ridondanza. Burton si è trovato nella situazione di doverlo allungare, modificare, dargli un senso e una dignità filmica, in pratica correggerlo per portarlo ad essere il film che avrebbe dovuto essere. In parte ci è riuscito, e in parte no.
Di sicuro in un'ottica "correttiva" rifare Frankenweenie IN ANIMAZIONE era fondamentale. La stop motion è infatti ottima come sempre, giusto un po' più grezza di quella vista di recente in Coraline o nella Sposa Cadavere, ma si tratta di un effetto probabilmente voluto, per dare al film quel look retro di cui il bianco e nero è segnale. Burton omaggia ancora una volta i b-movie ma soprattutto omaggia sé stesso, realizzando i personaggi proprio come avrebbero dovuto essere dal principio. L'aspetto è quello dei suoi stessi disegni dell'epoca, quelli sulla base di cui è stato realizzato Vincent o Nightmare Before Christmas, facce stralunate, volti disturbanti e tanto stile. Ed è l'aspetto che giustifica maggiormente il remake, viene da pensare proprio che le cose avrebbero dovute essere da sempre così, e il film non avrebbe mai dovuto essere realizzato in altro modo.
E poi c'è il lato narrativo. Che presenta alti e bassi. Una maggior dilatazione dei tempi narrativi innanzitutto ha un beneficio non da poco. Permette di passare più tempo con il cagnolino Sparky prima della sua morte. Lo spettatore adesso può familiarizzare con lui, sentirsi maggiormente coinvolto nella perdita di Victor, può soffrire con lui. Ciò che nel mediometraggio puzzava di farsa, qui si tinge di emozione, insomma, ed è sicuramente l'aspetto che convince di più.
C'è poi un secondo aspetto molto forte del film che è la contrapposizione tra il popolino benpensante della tranquilla cittadina americana e il minaccioso professore di scienze che viene allontanato proprio per le sue idee sovversive. Burton ci racconta ancora una volta la sua infanzia fatta di disagi e livore, vissuta nelle villette borghesi, e riprende situazioni e atmosfere già viste in Edward Mani di Forbice. La cosa è azzeccata e culmina proprio nella scena in cui il professore viene chiamato sul palco a difendersi, e decide invece di offendere l'intera città. E' il punto più alto del film a cui segue poi l'esposizione di una morale che nel mediometraggio di partenza non c'era: è l'atteggiamento che hai di fronte ad un esperimento a determinare la bontà del risultato. Questo passaggio attiva la seconda parte del film, in cui però iniziano le note dolenti.
Sarebbe stato logico che un simile lavoro di estensione portasse il film verso una direzione più epica, matura e sostanziosa, rispetto al finalino all'acqua di rose che si era visto nel mediometraggio. E invece è proprio lì che Burton punta, riproponendoci quanto visto frame dopo frame, con una coerenza e una fedeltà al modello base che avrebbero dell'ammirevole...se si fosse inventato qualcosa di meglio lungo la strada. E invece no, tutto quello che è riuscito a inserire è la sottotrama poco credibile dei compagni di scuola di Victor, dei bambini disturbati, che per vincere il festival scientifico della scuola (che stranamente interessa a tutti quanti) decidono di emulare Victor riportando in vita vari animali defunti, ma ottenendo secondo una logica narrativa chiara solo a Burton, dei mostroni pericolosi. Sarà anche stato un ennesimo omaggio alla cultura dei b-movie, e senza dubbio questi mostri danno al film una varietà visiva e un valore estetico notevole, ma non vengono affatto gestiti bene, narrativamente. Non c'è alcuna logica dietro le trasformazioni, né i bambini che le attuano vengono in alcun modo ricongiunti alla trama generale se non per improvvisare una battaglia finale al termine della quale rimangono infatti appesi senza alcuna conclusione. Insomma, se era proprio quello il grande elemento inedito che avrebbe dato alla storia un motivo per essere raccontata con un lungometraggio anziché con un mediometraggio, allora il progetto si può dire riuscito solo in parte. (...)
Pubblicato in:
BluRay - Frankenweenie
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