domenica 8 gennaio 2023

Encanto (Encanto)

 


60° lungometraggio Disney


fonte: Disney Compendium

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Encanto ha una struttura un po’ diversa rispetto ai lungometraggi animati del periodo: non racconta un grande viaggio, né ha gli elementi del tipico buddy movie. L’intera narrazione si svolge all’interno di uno stesso edificio, con qualche sbirciata sul villaggio e sulle zone montuose circostanti. Eppure, il film non risulta monotono o asfittico: i variopinti scenari colombiani e il fatto che il setting sia una villa senziente, capace di aprirsi su un gran numero di stanze magiche che ampliano di continuo l’orizzonte visivo, compiono un vero e proprio miracolo, regalando al film un dinamismo senza pari. La casita in questione ospita i dodici membri della Famiglia Madrigal, otto dei quali sono stati benedetti da un dono, un potere magico che sottolinea e accentua le loro personali inclinazioni. Mirabel, la protagonista, è l’unica in tutta la generazione corrente a essere nata senza alcun potere ma con un forte senso di inadeguatezza, reso ancor più difficile dall’atteggiamento freddo della nonna Alma, matriarca di casa Madrigal. Sebbene l’intero cast sia composto da figure positive, tra i membri della famiglia non mancano segreti e piccoli silenzi, dei non detti capaci di aprire delle crepe vere e proprie tra le mura della casa, indebolendone la struttura e compromettendo il miracolo che la sostiene.  

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Non c’è alcun dubbio che Encanto faccia della sua colonna sonora il vero e proprio fulcro dell’intera esperienza. Se per quanto riguarda la partitura strumentale troviamo accreditata quella stessa Germaine Franco che aveva firmato per Pixar la musica di Coco, tutte le canzoni sono invece farina del sacco di Lin-Manuel Miranda, vero e proprio nume tutelare del progetto. Già famoso per lo spettacolo di Broadway Hamilton, che ripercorreva a ritmo di hip-hop la storia di uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Lin Manuel aveva già lavorato a più riprese per la casa del Topo, interpretando ruoli in Mary Poppins Returns e DuckTales e firmando la splendida colonna sonora di Moana. Pur avendo portato a casa un risultato di tutto rispetto, il Miranda di Moana aveva preferito procedere in punta di piedi e col freno a mano tirato, per non interferire troppo con la robusta tradizione del musical disneyano. In Encanto questo non succede e Miranda si lascia totalmente andare all’ispirazione, mescolando insieme generi diversissimi, osando dove possibile e confezionando un vero e proprio baccanale animato.

  • The Family Madrigal. Quella che nel linguaggio del musical viene spesso definita l’happy village song serve a settare il tono e a presentare l’ambientazione del film. Miranda inizia a osare sin dai primi minuti, costruendo una sequenza musicale volutamente esagerata, una vera e propria lezione che Mirabel impartisce ai ragazzi del villaggio sull’albero genealogico dei Madrigal, elencando i personaggi, spiegando i loro poteri e le loro relazioni di parentela. Si tratta di esposizione purissima, una vera e propria sfida che Miranda pone all’attenzione dello spettatore, e una maledizione per qualsiasi responsabile dell’adattamento in altre lingue, data la difficoltà dello star dietro ad una tale energia. Il genere qui citato è il vallenato, che man mano che il brano prosegue con maggior velocità si trasforma in un concitato rap, in cui l’associazione tra musica e immagine crea un dirompente effetto umoristico. Vengono inoltre anticipate alcune note del tema della nonna, Dos Oroguitas, che ritroveremo poi eseguita più tardi nel film, con un ritmo molto differente.
  • Colombia, Mi Encanto. Cantata da Carlos Vives, leggenda del pop colombiano, è l’unica canzone non diegetica della colonna sonora, un brano dance/pop perfetto per essere estrapolato e trasformato in un singolo da passare in radio. Nel film la sentiamo ben due volte: accompagna la festa organizzata in onore del piccolo Antonio all’inizio, e la ritroviamo più tardi a introdurre i titoli di coda. Chiassosa e trascinante, esprime alla perfezione l’energia creativa che il film è in grado di sprigionare. Le immagini che la accompagnano durante la cerimonia mettono in mostra la meravigliosa gamma cromatica, aiutano a fidelizzare ancor più con i vari componenti della famiglia e permettono alla telecamera di librarsi nel cortile della casita. Un’introduzione a dir poco mirabile alle meraviglie del film.
  • Waiting for a Miracle. Si tratta della tradizionale i want song con cui la protagonista racconta agli spettatori il suo senso di inadeguatezza. Qui Miranda passa a un altro genere tipicamente colombiano, il bambuco, e si diverte a sottolineare l’alienazione di Mirabel raccontandola attraverso la variazione ritmica. Il pezzo infatti, tra tutte le canzoni, è l’unico scritto con un ritmo ternario (6/8 in partitura) e questo lo discosta del resto dei brani in scaletta, accentuando la sensazione che Mirabel risulti “fuori tempo” rispetto al resto dei suoi familiari. Raccontare attraverso la musica permette di indurre percezioni sottotraccia e aumentare l’efficacia dell’impianto narrativo, una lezione tipica del cinema disneyano che Miranda dimostra di saper ampiamente sfruttare.
  • Surface Pressure. Con la canzone della poderosa Luisa inizia l’indagine di Mirabel all’interno del mondo interiore dei suoi familiari. Qui è di scena il reggaeton, altro genere latino che Miranda infila arditamente all’interno del canone filmico disneyano, condendolo con un po’ di hip hop. La sequenza è una fantasia visiva fatta di gag dinamiche, che mostrano la povera Luisa reggere sulle spalle il peso del mondo intero, con un uso del colore a dir poco aggressivo. Uno dei pezzi più orecchiabili e visivamente appaganti, non stupisce che, dopo Bruno, si sia rivelato il brano di maggior successo dell’intera partitura.
  • We Don’t Talk About Bruno. Esistono casi, benché rari, in cui il grande successo di un’opera giunge inaspettato e innesca un rinnovamento culturale in grado di spalancare le porte ad una maggior comprensione di una determinata forma d’arte. Difficilmente un tempo ci si sarebbe aspettati che una cupa villain song, venata di umorismo nero, avrebbe superato in popolarità certi pezzi da novanta del genere musical come i temi d’amore e le i want song. La stessa Disney ha sempre spinto per la candidatura agli Oscar di ben altri temi, confermando e incoraggiando molti stereotipi del cinema musicale. Poi un brano come questo diventa la hit principale della loro discografia, scavalcando capolavori come Let It Go e d’un tratto appare chiaro quanto l’orizzonte narrativo del musical disneyano sia più ampio del previsto. We Don’t Talk About Bruno è un brano corale in cui i diversi esponenti della famiglia Madrigal offrono la loro testimonianza sulle presunte malefatte del misterioso zio Bruno. Miranda realizza qui un collage definitivo di salsa, guajira, folk cubano, hip hop e dance, mentre uno dopo l’altro i personaggi si esibiscono in siparietti sempre più ispirati, fino a far convergere tutto in un climax caotico e sfrenato. L’umorismo è ai massimi livelli, come anche l’animazione, i colori e luci rendono accattivante ogni frame e la telecamera si inclina in maniera ardita, regalando allo spettatore il punto di vista del corpo di ballo. Cosa più importante di tutte, quanto avviene sulla scena è assolutamente radicato nella storia, traendo forza dall’intreccio e galvanizzando a sua volta l’impianto narrativo. Non stupisce che la sequenza abbia avuto l’effetto di catturare l’attenzione di un pubblico così grande. Probabilmente la miglior mossa di marketing involontario di cui il cinema disneyano potesse beneficiare.
  • What Else Can I Do?. La gemella di Surface Pressure è invece il canto di liberazione di Isabela, l’altra sorella di Mirabel, costretta dalla pressione familiare a interpretare il ruolo della ragazza d’oro ma con il desiderio represso di dar sfogo alla sua creatività. Il brano giunge in fase molto avanzata della narrazione, forse addirittura tardi, quando in genere si raccolgono le fila di quanto seminato fin lì. Miranda però decide di non sottostare ad alcun limite e di alzare ulteriormente la posta in gioco aggiungendo al menu una ballata rock in stile Shakira, accompagnata da una sequenza di immagini cromaticamente chiassose, in cui Isabela si diverte a creare scenari botanici improbabili e vagamente aggressivi.
  • Dos Oroguitas. Questa lenta e romantica ballata viene eseguita fuoricampo dal cantautore Sebastiàn Yatra e lasciata completamente in spagnolo. Il motivo è che lo stesso Miranda voleva che sembrasse un brano folk preesistente, per far da cornice ideale allo struggente flashback della nonna. Sullo schermo scorrono immagini di una delicatezza incredibile, mentre viene raccontata una storia d’amore, di felicità e di perdita. Il sentimento è davvero ai massimi livelli, e viene supportato da un’animazione e un piglio recitativo di un’intensità fuori scala. La scena in cui Alma rivela di aspettare tre gemelli, la fuga dal villaggio in piena guerra civile, la morte del marito raccontata attraverso il volto straziato dal dolore della moglie, tutto è ai massimi livelli e dimostra la grande maturità artistica raggiunta dalla CGI disneyana. Dos Oroguitas rappresenta il nucleo emotivo di Encanto e aggiunge un’altra importante pagina alla storia dell’animazione Disney.
  • All of You. Il trionfale numero musicale che chiude Encanto rappresenta l’ultimo colpo di coda di un Lin-Manuel Miranda sempre più su di giri. Si tratta di un gigantesco medley in cui vengono ripresi tutti i brani introdotti fino a quel momento e fusi insieme per ottenere qualcosa di nuovo e diverso. Come nella canzone d’apertura, Miranda procede a gran velocità e bisogna davvero fare attenzione al gran numero di concetti, gag e sorpresine varie che vengono messe in bocca ai personaggi, allo scopo di concludere ciascun arco narrativo. Si riesce a trovare spazio proprio per tutti, raccogliendo la semina musicale sparsa fin qui (c’è addirittura un riferimento a Let It Go) e rilanciando addirittura con strofe nuove che entrano a gamba tesa nel territorio del rap. Miranda da un lato osa e sfida continuamente le aspettative dello spettatore, dall’altro dimostra di saper usare benissimo gli strumenti a sua disposizione, mettendo ogni singolo tema musicale pienamente al servizio della narrazione generale.
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BluRay - Encanto

1 commento:

  1. Certo che sei bravo a scrivere post...continua così!

    Una curiosità: i tuoi lavori li salvi da qualche parte nel computer o in un programma? Devi sapere che anch'io ho dei blog e temo che internet me li possa eliminare.

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