sabato 6 ottobre 2012

Ratatouille (Ratatouille)


Anno 2007
8° lungometraggio Pixar

fonte: la tana del sollazzo
Neanche a farlo apposta, nell'anno che vede già alcune avvisaglie di ripresa da parte della Disney, la Pixar, che è un po' un discorso a sé, confeziona quello che è forse il suo film più intelligente, raffinato e perfetto. E pensare che il film era nato proprio come primo parto pixariano indipendente da Disney, ma evidentemente c'è poco da fare: quando due scuole artistiche sono così vicine, sono una figlia dell'altra, è inevitabile che prima o poi si torni a convergere. Ed ecco quindi quello che, a dispetto di una regia di Brad Bird decisamente sopra le righe, è forse il film Pixar più Disneyano tra quelli prodotti negli ultimi tempi. Tempi, che sebbene avessero visto in Pixar una qualità sempre impeccabile, non erano stati in grado di restituire allo spettatore i livelli di stupore e commozione di un Toy Story 2 o un Monsters & co.. Certo, c'era stato quell'Alla Ricerca di Nemo tanto sentimentale e spettacolare, che aveva incantato tutti senza però riuscire a bissare la finezza umoristica dei precedenti lavori, o Gli Incredibili che invece ci era riuscito, perdendo però un po' di mordente sul finale. C'era stato infine Cars che, sebbene tecnicamente perfetto, si era rivelato una mezza delusione un po' per tutti, apparendo come il film forse più "scolastico" uscito dagli studios. A dare uno scossone al tutto ci pensa quindi la storia del topo Remy, diverso dagli altri topi, per via della sua spiccata propensione verso i sapori. E benchè al solo leggerne la premessa si potesse pensare di ritrovarsi davanti al solito film incentrato sul solito microcosmo pseudoanimalesco col solito protagonista desideroso di distinguersi, bastò vederne il primo trailer per rendersi conto che non solo non era così, e il film prevedeva un ruolo piuttosto massiccio per un cast di esseri umani, ma che più di ogni altra cosa non voleva trattare del mondo dei topi, ma di quello ben più grande e variegato della novelle cuisine. Uno scontro tra mondi che era in realtà una maniera piuttosto furba per esprimere, in generale, un'opinione ben precisa sull'Arte e sulle contraddizioni che la contornano.
E benchè molto probabilmente possa apparire tirata per i capelli, tutta la storia di Ratatouille potrebbe riassumere la situazione interna dell'azienda, donando ad ognuno degli elementi che in questi anni vi hanno preso parte un suo ben preciso corrispettivo. E' ovviamente solo una speculazione, perchè sarebbe difficile che la Pixar, che da sempre vuole mostrare una certa autonomia, si metta a farsi gli affari della casa madre, e visto anche che si tratta di argomenti piuttosto universali potrebbero adattarsi a chissà quante altre situazioni. Eppure sarò di parte ma non riesco a non associare la figura di Gousteau a quella di Walt Disney, il grande iniziatore, convinto che chiunque può cucinare. D'altra parte sappiamo benissimo dell'avversione di Walt verso i parrucconi e della sua volontà di rivolgersi al grande pubblico, se possibile esportando la sua arte e donandola al popolo, col rischio di scandalizzare i più snob (come infatti accadde con Fantasia). Abbiamo insomma questa figura ormai mitica che risplendette in un aureo passato, messa invece a confronto con un presente di decadenza in cui la sua eredità ha perso prestigio, e in cui i suoi continuatori, potenzialmente anche molto bravi, ne riproducono lo stile scolasticamente e senza particolari guizzi di genialità. Non è difficile quindi individuare in loro gli abili animatori Disney, che in questi anni di congiuntura hanno un po' brancolato nel buio, privi di una vera guida. Guida che invece cerca di essere la figura negativa di Skinner, nelle cui idee commerciali non è difficile intravedere tutta la politica Eisneriana. Non è proprio possibile non pensare alla losca politica dei cheapquel nelle scene in cui Skinner gestisce gli affari dei cibi surgelati o infanga l'immagine di Gousteau raffigurandolo vestito da cow-boy, da eschimese, da cinese e via dicendo. E una volta assunte queste basi, la metafora non può che andare avanti con un Linguini marionettizzato da un Remy che oltre a ricordare non poco il mediometraggio Il Mio Amico Beniamino, sembrerebbe voler raffigurare proprio la Pixar, unica responsabile dei più recenti successi Disneyani, a partire dal salvataggio in corner dell'altrimenti pessima Zuppa di Linguini (I Robinson) fino alla consacrazione col piatto che - guarda caso - dà il titolo al film, quella Ratatouille, che riesce finalmente a riappacificare l'impero Disneyano con la critica, che in tutti questi anni l'aveva pesantemente snobbato come "roba da turisti".
Ma al di là degli inquietanti parallelismi con la situazione attuale, direi che il film ha ben altro da offrire, a cominciare dalla regia più sopra le righe che mai si sia vista in un lungometraggio animato, e che si colloca a metà strada tra l'arguzia tipica delle serie di Matt Groening (Futurama e I Simpson, a cui lo stesso Bird ha lavorato a lungo) e la magia e il sense of wonder tipicamente Disneyani. Non c'è scena che non si autovalorizzi, con una battuta particolarmente arguta, con un particolare movimento di telecamera, con un'animazione particolarmente ricercata. Sembra che ogni singolo fotogramma sia stato tirato a lucido per avere la resa migliore di sempre, ed è un merito che non si può certo attribuire ad un preciso elemento, visto che è proprio la compartecipazione di ingredienti di livello altissimo che rende tanto appetibile quello che è forse da considerarsi l'apice massimo dell'animazione digitale. Perchè stavolta neanche la plasticosità tipica di questo tipo di animazione è presente, e sebbene la strada intrapresa per animare la figura umana sia la caricaturizzazione estrema vista ne Gli Incredibili, questa resa umoristica è mediata da un intenso gioco di luci e colori, e da una recitazione che definir realistica è dir poco. E l'effetto è grandioso in ogni scena, comunicativo al massimo, esteticamente appagante: gli improbabili nasoni vengono alleggeriti dalla mimica, dal realismo dei movimenti. E' il 3d che finalmente cessa di essere il freddo e imperfetto rimpiazzo del 2d ma una sua validissima alternativa, una tecnica finalmente equivalente e capace di di trasmettere emozioni, di dare una precisa identità stilistica ad un film, di non far rimpiangere più di tanto le aggraziate espressioni facciali tipiche dell'animazione tradizionale. E in tutto questo non si esime dal dare il suo personalissimo contributo la musica di Michael Giacchino, parigizzante al punto giusto e che a sorpresa inserisce dentro - pratica ormai inusitata! - una canzone, la dolcissima Le Festin, che come le care vecchie "canzoni della crescita" descrive il passar del tempo con toni delicati e assai sentiti.
E sebbene già si possa iniziare a parlare di Capolavoro a tre quarti del film, estasiati dalla caratterizzazione irresistibile di gente come Colette o Django, è con l'entrata in scena di Anton Ego che gli eventi precipitano e il terreno viene preparato per quello che è forse il finale più bello mai visto in un lungometraggio d'animazione. Tutto compartecipa per creare l'incanto, dal climax assolutamente impeccabile ed esaltante, che finisce per portare all'estremo il paradosso stesso del ratto in cucina, fino alla caduta di ogni ritegno, nella scena in cui un esercito di topi riesce a sopraffare addirittura l'ispettore dell'ufficio igene. Ed è proprio nel culmine dell'azione che il motivo del titolo verrà spiegato: un particolare gioco di luci, di recitazione, una rapida zoomata ed eccoci catapultati all'interno dell'intimo immaginario di Anton Ego, pronti a cambiare la nostra stessa ottica nei confronti del personaggio e seguirlo nel sentito monologo che conclude il film. Ego si fa portavoce dell'autentica morale di Ratatouille, e lo fa con il più umile mezzo a disposizione di un critico: la recensione. Spiegando il vero significato del motto di Gousteau, non una concezione sminuente dell'arte culinaria ma un invito al ricercare il genio anche nel contesto più umile, ricordando infatti che è la semplicità spesso e volentieri a stare alla base dell'opera più riuscita. Un finale tanto intelligente ed arguto, quanto ben girato, e valorizzato quindi da un sapientissimo utilizzo del mezzo cinematografico. E non finisce qui, perchè è solo dopo tutto questo che verremo veramente a conoscenza del sorprendente esito della vicenda, nei poeticissimi pochi minuti finali della pellicola che ci traghetteranno verso i bizzarri titoli di coda, vero e proprio omaggio all'animazione tradizionale.
E' difficile dopo tutto questo pensare di poter far meglio. Certo, Brad Bird, si conferma grazie a Ratatouille come il miglior regista di film animati del nuovo secolo, un'autentica rivelazione, capace di sincretizzare scuole assai distanti, fondendole in un'opera unica che probabilmente mostra la strada per il futuro dell'animazione. Non sappiamo se le sue acrobazie da istrione della regìa faranno effettivamente scuola in futuro, fattostà che al momento abbiamo finalmente avuto un primo assaggio di opera che mette finalmente d'accordo tutti, pubblico, critica, e spettatori di ogni età, sesso e nazionalità. Perchè, come insegnava Walt Disney, l'alta qualità è l'unico autentico linguaggio universale e assoluto.

Wikipedia
IMDB
The Leaping Lamp

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DVD - Ratatouille

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